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Addio mia bella addio!

Custoza, un nome che mi era rimasto impresso da quando un’amica me ne parlò la prima volta, tante volte sono passato vicino in autostrada, ma questa volta mi son fermato a percorrere quelle stradine di campagna che mi han portato la dove si è scritta la storia d’Italia e dell’Europa.

“Addio mia bella addio recita una canzone che poi prosegue poco dopo con “non pianger, mio tesoro forse io ritornerò; ma se in battaglia muoro in ciel ti rivedrò”. Correvano i tempi di Napoleone, di Mazzini, Garibaldi, Carlo Alberto, dei Bersaglieri e dei Granatieri, quando, in quella che sarebbe diventata nel 1861 l’Italia, ribollivano gli animi e scorreva il sangue nelle tante battaglie e rivolte del così detto Risorgimento. Per le città e le campagne imperava lo spirito patriottico “Rataplan! Tambur io sento; che mi chiama la bandiera; Oh che gioia! Oh che contento: Io vado a guerreggiar!” canta l’irriverente canzone della Bella Gigogin piena di allusioni al nemico e cantata dai numerosi volontari che partivano per far del tricolore la bandiera di una nazione.

Nel lontano e caldo luglio del 1848 le truppe del Regno di Sardegna comandate da Re Carlo Alberto si scontrarono con quelle austriache guidate dal Maresciallo Josef Radetzky. La zona di Peschiera del Garda divenne teatro di atroci battaglie campali dove videro il battesimo del fuoco i Bersaglieri con le famose cento piume portate sul cappello. Si concludeva così una delle più feroci battaglie della prima guerra d’indipendenza italiana.

Successivamente, nell’altrettanto caldo giugno del 1866, sempre in queste zone, si combatté un’altra battaglia feroce, questa volta combattuta durante la terza guerra d’indipendenza. A Custoza si scontrarono le truppe del giovane Regno d’Italia guidate dal Generale Alfonso La Marmora e quelle austriache guidate dall’Arciduca Alberto d’Asburgo.

E così tra una battaglia e l’altra quei campi tra il Lago di Garda ed il Fiume Mincio si presero le vite di molti giovani soldati. Terminate le battaglie rimanevano le fosse comuni dove venivano ammassati i corpi. Capitava ai contadini dell’epoca di trovare i resti dei malcapitati soldati e di provare un senso di triste pietà per quelle ossa senza nome e senza più bandiera. Nel 1872, a pochi anni dalla fine della guerra Don Gaetano Pivatelli divenne il sacerdote di Custoza. Si trovò davanti agli orrifici strascichi della guerra, una popolazione provata e decimata ed i resti dei combattenti che riaffioravano qua e là nell’incuria delle istituzioni che li mandarono a combattere.

Davanti a quelle ossa il sentimento di pietà ed il desiderio di pace lo portarono a scrivere a tutti. Scrisse al Re d’Italia così come all’Imperatore d’Austria e grazie alla sua determinazione quelle ossa e quei teschi trovarono una collocazione più dignitosa in quello che oggi è l’Ossario di Custoza.

Scendere per quelle scale e trovarsi davanti a quegli scaffali pieni di teschi ordinati fa riflettere. 1894 caduti riposano li dentro. Ogni teschio era una persona, chissà se Italiana, Austriaca od Ungherese. Ma in fin dei conti cosa importa? Sono ormai uniti dal silenzio della morte di cui ancora si vede la traccia dell’arrivo. Molti teschi infatti hanno il volto disintegrato, fori di granata o buchi di proiettile e nel centro dell’Ossario riposano le ossa “lunghe”, un catasto di ossa ordinato racchiuso tra delle croci.

Un luogo che invita al silenzio ed alla meditazione sul significato della vita e della guerra, sul valore della pace e sulle radici dell’Europa quando ancora non era Unione e si moriva per un pezzo di terra. Meditazioni che mi seguono costantemente nel lungo percorso che sto affrontando sulla Prima Guerra Mondiale, l’ultima delle Guerre d’Indipendenza.

“Nemici in vita, morte li adeguò, pietà li raccolse”, queste le parole incise sul marmo bianco del mausoleo.

Info pratiche:

L’Ossario si trova in un contesto di magnifiche colline di vigneti, a due passi dal Lago di Garda. Un’occasione per un viaggio fuori porta sulle tracce della storia, dove cimentarsi con la fotografia paesaggistica e perchè no fermarsi a mangiare in uno dei numerosi ristoranti tradizionali presenti in zona. Intorno all’Ossario c’è un sentiero da percorrere in alcune ore che passa attorno a luoghi di memoria immersi tra le colline.

La visita all’Ossario può avvenire solo accompagnati da una cortese guida presente in loco mentre invece è libera la visita e l’accesso alla terrazza che permette una vista a 360° sul panorama circostante. Una sala didattica introduce gli avvenimenti storici e tre schermi proiettano dei volti con delle voci narranti storie di chi sopravvisse a quelle battaglie.

Per ogni altra informazione rimando al sito istituzionale dell’Ossario di Custoza.

Per un più dettagliato inquadramento storico del Risorgimento rimando alla relativa voce sull’Enciclopedia Treccani.

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