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La luna e il richiamo della foresta.

Mi basta un attimo.

Milano è una metropoli europea frenetica, vibrante, pullulante di vita. Ricca di eventi culturali, caffè in palazzi barocchi dall’atmosfera posh e nuovi quartieri avveniristici che di notte si illuminano di fasci di luci led. Mi muovo tra la folla della movida osservando chi, come me, sta andando a bere con amici e chi si lascerà andare alla frenesia della notte che tanto bene conosco.

Tra le folle che si accalcano lungo navigli pensati in antichità da Leonardo Da Vinci scorgo nel cielo, tra le nuvole, un attimo di luna grande, tersa, apparentemente immobile sospesa nel cielo e nel tempo. Mi basta un attimo per guardarla ed essere pervaso da una sensazione amara.

Sono reduce da una settimana di lavoro a parlare di intelligenza artificiale, cyber security e simili indici di un futuro presente, tecnologicamente affascinante e inquietante al tempo stesso.

Scorgo quella luna e mi prende un’amara nostalgia. Sento il silenzio della natura nel fragore della folla che mi sta accanto. Vedo quelle foreste con i ruscelli. Le montagne. Sento il suono della canoa che scorre sul mare e delle onde sulla scogliera. Sento la pioggia del temporale estivo, il vento sul ghiacciaio e il tepore del sole primaverile nei campi di grano.

L’amaro mi pervade assieme alla voglia di natura cui troppo poco tempo dedico. Sono arrivato, gli amici sono già lì da tempo. Io sono in ritardo. Vado dritto al bancone, “un negroni sbagliato per favore”.

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