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Tra le montagne un eremo inaspettato.

Ci sono luoghi e persone inaspettate che si incontrano lungo il proprio cammino. Uno sguardo casuale, un pizzico di curiosità, una promessa ed ecco che mi trovo a scrivere un post. All’interno di questo racconto non riporterò alcun riferimento geografico che possa permettere di localizzare precisamente il luogo di cui sto parlando, più avanti capirete il perché di questa scelta.

Scendendo a valle percorrendo una mulattiera incastrata tra verdi vallate piene di pascoli intravedo un agglomerato di case di pietra davvero curioso e dal fascino antico. Queste casette robuste e grigie, arroccate sul pendio tra i boschi, hanno immediatamente richiamato la mia curiosità fotografica.

Fermato il passo si è notato un piccolo cartello di legno indicante la direzione per raggiungere un eremo. La curiosità ormai aveva preso il sopravvento e così i nostri passi si son subito diretti su quel sentierino che si dirigeva nel cuore di quel minuscolo villaggio dove un signore abbastanza giovane ci accoglie. Gli chiediamo se sia possibile visitare l’eremo e la risposta è positiva.

Quel signore in abiti da lavoro in realtà è Don Raffaele. Mostrandoci tutta la sua accoglienza ci chiede solo pochi secondi di attesa per poi ricomparire con l’abito ecclesiastico tipico. Vestito di mantello nero e collarino bianco ci accompagna a visitare l’eremo. Un bellissimo e curato altare in una struttura alpina fatta di roccia e legno. La luce illumina appena i locali dando un che di mistico a ciò che si osserva.

Tra i simboli religiosi e la Bibbia aperta, Don Raffaele ci descrive, con cura minuziosa, il grande lavoro che è stato fatto per riportare a quello splendore rustico e religioso quel piccolo eremo incastrato in un villaggio quasi disabitato e lontano da qualsivoglia passaggio.

Dietro alla stanza con l’altare si apre un’altra piccola stanza con una libreria ricca di testi. Un luogo dove il tempo è fermo nella sua meditazione.

L’ospitalità di Don Raffaele è quella tipica di chi vive in un ambiente aspro e spesso in solitudine, di chi conosce il sacrificio. La vita nell’eremo non è facile. D’estate ci racconta di un via vai abbastanza frequente di pellegrini che, forti del passaparola, vengono a trovarlo per vivere esperienze di meditazione e lavoro in montagna. Dopo le cinque del pomeriggio vige la regola del silenzio.

Don Raffaele vive con ciò che produce. Alleva alcune galline che la sera vengono riportate all’interno del pollaio dal cagnolino del villaggio che svolge con cura il suo compito contadino.

Ci mostra la sala falegnameria dove si diletta a scolpire nel legno figure religiose create con estrema cura.

Ci accoglie nella sala – cucina. Qui tutto è costruito per affrontare i lunghi inverni che, seppur non ad una quota altissima, coprono costantemente di neve l’intera valle e così anche il paesino dove abita Don Raffaele.

Ci racconta degli ex detenuti che vengono ad affrontare un percorso di riabilitazione con lui condividendo la fatica del lavoro e della vita di montagna. Un’esperienza di carità cristiana autentica.

Ci racconta anche di come i valligiani si preoccupino per lui andandolo a trovare durante l’inverno per accertarsi che tutto vada bene. Ci mostra il forno dove viene preparato quotidianamente il pane e ci offre degli ottimi biscotti mentre ci racconta la sua storia e chiede a noi di raccontare la nostra.

Firmiamo il grosso libro degli ospiti vedendo con sorpresa che i pellegrini arrivano da tutto il mondo in questo villaggio lontano da ogni realtà moderna.

Dopo un po’ di tempo passato a chiacchierare amabilmente ci mostra il campo dove alleva due asini che hanno appena avuto un cucciolo. L’asino maschio intuisce immediatamente la presenza di biscotti all’interno di quella busta che Don Raffaele tiene tra le mani e così Don Raffaele comincia a nascondere dietro di se i biscotti. L’asino curioso continua ad annusare e a cercare di girare attorno a Don Raffaele.

Ricomincia a piovere e giunge il momento di mettersi in cammino verso il rientro. Don Raffaele ci accompagna fino alla mulattiera mostrandoci alcuni alberi secolari a bordo del campo con i suoi asini. Ovviamente l’asino maschio continua a seguire i biscotti con ostinazione da mulo accompagnandoci così anche lui. Lo ringraziamo per l’ospitalità. Gli prometto il post che sto scrivendo ma con la promessa, mantenuta, di tenere il riserbo su quel posto affascinante dove tra devozione, ospitalità, preghiera e sacrifici conduce una vita alpina d’altri tempi.

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