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Una bandiera issata sul ricordo del sangue versato.

Una bandiera, tanti, troppi campi di battaglia!

Le emozioni di un lungo viaggio

Sempre arduo descrivere le emozioni dopo una missione fotografica di 10 giorni nei più remoti meandri delle Alpi sulle orme di battaglie tanto sanguinose quanto dimenticate. Ho vissuto tanti stati emotivi, tante sensazioni e tante riflessioni, visitando campi di battaglia di tutto il continente.

Dalle pietraie del Carso ai cocuzzoli dello Stelvio. Dal fiume Piave alle ghiacciate lande desolate dei Monti Carpazi. Dai campi di concentramento disseminati qua e là fino alle spiagge della Normandia o all’inferno dei Balcani. Luoghi diversi, altri caduti ma stesse sensazioni che ogni campo di battaglia restituisce.

In questo interminabile viaggio nella comprensione della guerra son sempre stato accompagnato da un filo conduttore, la morte! Onnipresente.

Chiunque abbia lo sguardo curioso scoverà tracce di guerra ovunque, dalla piazza principale della sua città fino alla più alta e inaccessibile cresta di montagna.

 

Il vizio dell’essere umano, la guerra!

Un vizio che l’essere umano non perde mai, quello di dividersi, di inasprirsi e infine di combattere. Dopo il lungo processo di divisione iniziato urlando “prima noi”, di inasprimento, di odio e di ostilità si arriva finalmente allo sfogo delle tensioni. Si arriva al campo di battaglia. Dove l’essere umano si fonde con gli elementi dissolvendosi, attraverso il dolore, nell’inesistenza.

 

Salite su una vetta di guerra con me.

In questi anni ho raccolto testimonianze dal terreno e dalle persone. Testimonianze di orrore. Per comprenderlo dovete porvi nei miei panni, proprio come in questa foto. Dopo ore di cammino e fatica arrivare a quasi tremila metri. Lungo il cammino spettrali strutture abbandonate, crateri di bomba, schegge di bomba, lattine arrugginite segno di fugaci pasti di combattimento, chiodi di scarponi e onnipresente il filo spinato. Sono sul confine tra Italia e Francia, dove si è combattuto nel giugno 1940 e poi nuovamente nel 1944 ferocemente tra soldati francesi e truppe fasciste e naziste.

Oggi però tutto attorno è pace, nelle vallate i francesi e gli italiani convivono amabilmente. Non ci sono che garitte abbandonate. Non ci sono guardie al confine. Ci sono solo cartelli di benvenuto in Italia e in Francia.

Sarà il caso?

Questo però non è dovuto al caso. E’ dovuto al macello delle due guerre mondiali. A quelle esplosioni feroci causate da quel terrificante cancro seminato da chi voleva sopraffare il prossimo.

E’ dovuto a quella estrema voglia di pace di pensatori che avevano vissuto gli orrori delle guerre mondiali.

Grazie a quel percorso di pace iniziato proprio da quei pensatori, oggi abbiamo Schengen che ci permette di circolare liberamente e più sicuri grazie ai sistemi informativi condivisi. Oggi abbiamo l’Unione Europea che ci garantisce molto di più della semplice cittadinanza italiana o francese, ci attribuisce lo status di cittadini europei sancito dai trattati. Grazie a quello status possiamo lavorare, circolare e vivere in pace in 27 stati (Uk addio).

Nella storia del continente Europeo c’è sempre stata guerra, finché qualcuno anziché dividere si è messo a cucire, ad unire, a sopire le idiote tensioni etniche. Oggi è tempo di ricordare il costo della pace e di benedire di avere una struttura sovranazionale che ci permette di avere uno dei più alti standard di vita al mondo.

 

Una bandiera issata sul traliccio porta filo spinato.

E’ per questo che proprio su quel traliccio porta filo spinato dove è stato versato sangue dai corpi mozzati, isso al vento la bandiera dell’Unione Europea. Quella bandiera rappresenta le bandiere di tutti i caduti su quei campi di battaglia. Rappresenta la vittoria della pace sul cancro della guerra.

 

Ricordare per non ripetere.

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