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Sulle tracce della Storia: Adamello, la guerra bianca ed il sentiero dei fiori.

Ci sono storie…

Ci sono storie che per essere comprese vanno vissute. Ci sono storie che si intravedono appena, racchiuse come sono, tra le poche righe dei libri di scuola. Eppure quelle sterili parole stampate, cui non si presta nemmeno troppa attenzione, in realtà narrano di vicende che oggi non si possono quasi nemmeno più immaginare. Imprese di ardimento al limite dell’umana sopportazione e sopravvivenza. Scavare dentro quelle lettere significa fare un salto nel passato, avvicinarsi a persone che non esistono più. Persone che hanno visto l’incredibile. Alcuni sono tornati indietro e hanno raccontato, molti altri invece son stati rapiti per sempre da quella storia che stavano scrivendo. Più ci si addentra nei meandri della storia e più riaffiorano nomi e cognomi di persone che hanno affrontato l’inosabile. Un inosabile remoto di cui sempre meno persone sono coscienti. Eppure per i nostri bisnonni quelle poche righe stampate sui libri di scuola hanno significato vita, emozioni, partenze, addii e purtroppo morte. In questo centenario dall’inizio della prima guerra mondiale è proprio il ricordo dei miei due bisnonni, entrambi partiti e mai tornati, e di tutte le persone come loro, che mi spinge verso le vette più remote a scovare quei luoghi lontani dalle comodità dove viviamo per vedere, capire, ricordare e una volta in più comprendere il vero significato della pace e di quanto costò arrivarci.

La pioggia scorre…

La pioggia scorre fitta sul tergicristallo dell’auto in una mattina presto di questo strano agosto. Tra le nubi si scorge un miglioramento e con esso la speranza di riuscire nel tentativo di inerpicarsi su quella cresta. Lassù dove la storia è scolpita dietro ad ogni roccia.

Lasciamo l’auto nel parcheggio della funicolare che si trova dopo Ponte di Legno. In spalla lo zaino contiene sia l’attrezzatura da montagna che quella fotografica. Lassù non si scherza. Agosto non inganna. A quelle quote c’è un solo comandante, la montagna ed è bene essere pronti ad ogni evenienza. Così lo zaino è al completo di ramponi, piccozza, cordino, kit da ferrata, imbrago, casco da roccia, passamontagna, guanti e via dicendo.

Il Sentiero dei Fiori è ormai sempre più vicino man mano che l’ovovia sale verso il Passo Paradiso (2585 mt). Non solo questo agosto inganna, con il suo clima decisamente autunnale, ma anche i nomi della topografia. Di fiori sul sentiero non se ne vedrà nemmeno l’ombra. Giunti al passo la cresta è ormai lì di fronte. Imponente. Sulla destra della stazione d’arrivo si trova un tunnel il cui ingresso è costituito di una lamiera metallica. Il museo della guerra bianca vi attende. Tra suoni che riproducono i combattimenti, luci led, lo stillicidio dal soffitto, il freddo dell’aria che soffia nel tunnel e i reperti agghiaccianti chiusi nelle teche, la storia riprende vita.

Anche il Passo Paradiso di paradisiaco ebbe ben poco, in realtà fu inferno. Fu punto di partenza delle arditissime imprese degli Alpini in quella che fu nominata la Guerra Bianca. Sull’Adamello infatti si combatterono le più ardite battaglie di tutta la prima guerra mondiale. Tutte sopra quota 2500 metri. Su creste che superano i 3000 metri. Dove la temperatura scende sotto i quaranta gradi sotto zero.

Fino al Passo Paradiso si può arrivare in ovovia. In seggiovia si può giungere fino alla Capanna Presena (2738 mt) dove è possibile mangiare ottimi cibi locali. Chi voglia incamminarsi verso il Sentiero dei Fiori dovrà partire dal Passo dirigendosi verso il più alto Passo del Castellaccio (2963 mt).

Come si può comprendere dalle premesse il Sentiero dei Fiori non può essere affrontato da chi non sia adeguatamente attrezzato, abituato a strapiombi arditi, abbia già alle spalle altre ferrate e conosca bene l’ambiente d’alta montagna.

I passi si susseguono a ritmo lento ma deciso. C’è poca erba attorno. Le rocce sono ovunque. Il sentiero si mostra subito possente. Le bandierine rosse e bianche dipinte indicano la strada tra le rocce. Il sentiero non è facile perché tra le rocce ci si confonde e i numerosi nevai coprono i segnavia anche se, il valico è ben visibile così come lo è la croce di legno che è posta al suo centro.

Tra le rocce i segni della battaglia riaffiorano silenziosi sotto forma di schegge di bomba, shrapnel, e di interi rotoli di filo spinato che sono ancora lì a far da triste sentinella della storia.

Durante la salita, Stefano ed io, incontriamo una coppia di Alpinisti. Stefano e Valentina. Due simpatici ragazzi della Val di Non. Scambiamo quattro chiacchiere nel mentre si ci si inerpica tra le rocce. Il fischio d’allerta di una marmotta in lontananza è l’unico suono che ci accompagna.

Giungiamo finalmente al Passo del Castellaccio (2963 mt). Giungere qui significa affacciarsi su una serie di ruderi di baraccamenti militari, resti di travi di legno e segni di combattimenti. Tutto cristallizzato e gelosamente custodito dalla montagna. Facciamo una foto di gruppo e poi ci si prepara al Sentiero dei Fiori indossando il casco, l’imbrago ed il kit da ferrata. Qui ci salutiamo. Le mie esigenze fotografiche mal si conciliano con quelle di Stefano e Valentina che avrebbero affrontato l’intero percorso.

Pochi metri oltre i baraccamenti si scova facilmente il cavo d’acciaio cui agganciarsi. Pensare di combattere in quei luoghi, privi delle sicurezze e degli equipaggiamenti di oggi, sotto il fuoco nemico è semplicemente raccapricciante. Gli strapiombi sono imponenti. Il sentiero è letteralmente aggrappato agli speroni di rocce. Delle passerelle, posizionate dove erano posizionate quelle dell’epoca, aiutano leggermente il passaggio. Dalla seconda passerella una scala a pioli si inerpica in verticale verso il nido d’aquila. Un posto d’osservazione militare posto su di un cocuzzolo da cui si domina tutto il paesaggio circostante. Nel mentre si procede tra gli scatti dei moschettoni che ci tengono assicurati alla ferrata, le nubi e la foschia continuano a mostrare e nascondere il paesaggio attorno a noi. Vengono a galla nella mia mente le parole dell’Inno degli Alpini tante volte cantato quando ero nel 7° Rgt. Alpini Feltre.

“La tra le selve e i burroni, la tra le nebbie fredde e il gelo,

piantan con forza i loro picconi, le vie rendono più brevi.”

Le note e le parole dei canti Alpini mi tornano sempre alla mente quando mi trovo in alta montagna. I canti Alpini, a differenza di tanti altri canti militari, non hanno retorica ma sono viva memoria di una realtà asprissima e crudele condensando tra le note freddo, sentimenti, guerra, montagna e morte.

Proseguendo lungo il percorso compaiono anche i primi blocchi di neve a coprire il cavo della ferrata. Messi in sicurezza si oltrepassa questo primo cumulo di neve e si giunge ad una galleria che attraversa il cuore del Gendarme (3047 mt). Un picco di roccia. Tale galleria fu costruita in vista dell’attacco finale in modo da poter evitare il passaggio sulle due arditissime passerelle sospese nel vuoto. Queste ultime son state ricostruite nel 2011 rendendo così possibile aggirare il Gendarme sia tramite le passerelle che tramite il tunnel.

Con un piccone trovato all’imbocco della galleria tolgo la neve che copre il cavo della ferrata e mi aggancio in modo da proseguire verso le passerelle. Sotto di noi compare tra la nebbia la prima passerella lunga 75 metri. Il vento sferza i nostri volti. Appena terminata la prima delle due passerelle ci si inerpica su alcuni scalini d’acciaio affacciandosi immediatamente sul secondo ponte sospeso nel vuoto. Altri 55 metri di vuoto da attraversare. Si giunge così al passo di Casamadre (2984 mt) con una magnifica vista sulla Conca Presena.

Complice l’arrivo rapido del mal tempo decidiamo di interrompere il sentiero in questo punto percorrendo il tunnel che ci riporta indietro dall’altra parte del Gendarme. Ci troviamo nuovamente all’imbocco coperto di neve. Comincia il rientro.

Mentre ci troviamo sulle passerelle di legno un’intensa pioggia mista a neve ci bagna in pochi secondi ma, non cogliendoci di sorpresa, ci vestiamo adeguatamente. Tra il vento e la pioggia gelata mangiamo un panino coperti da una vecchia postazione con feritoia.

Poco dopo Passo Castellaccio iniziamo la discesa tra i nevai e le rocce. Il metallo squarciato delle bombe è ovunque, presente ad ogni passo. Il silenzio regna. Rapidamente attraversiamo i nevai fino a giungere ad un primo piccolissimo laghetto sulla nostra sinistra. Attraversiamo un altro nevaio. Questa volta l’ovovia è ormai vicina.

I resti di alcune trincee e il muro di un bunker si parano innanzi a noi con le feritoie ormai vuote a far passare solo luce e vento. Sulla destra del lago del Monticello (2599 mt) si trova il monumento ai caduti e le sue tre bandiere: Italiana, Austriaca ed Europea a ricordare i caduti di entrambi i fronti. Con l’ultima ovovia della giornata lasciamo alle nostre spalle un’esperienza unica nel cuore della storia.

Per informazioni dettagliate, incluse le tempistiche, sull’intero percorso potete visitare il sito vieferrate.it alla voce Sentiero dei Fiori. La descrizione tecnica è molto accurata. Inoltre la Tabacco mette a disposizione un’eccellente cartina in scala 1:25000. E’ la n° 52 della serie. Il sentiero è faticoso, in quota ed attrezzato quindi riservato solo a persone equipaggiate e con esperienza. E’ ad ogni modo consigliabile consultare le previsioni meteo e chiedere informazioni direttamente al CAI di Ponte di Legno o ai gestori della Capanna Presena.

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